Le stronzate di Pulcinella

Napoli, una città di mare , ha 12 colline.Parliamone

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view post Posted on 2/1/2024, 18:03
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Pulcinella291 Forum

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Puo' sembrare strano, ma è vero.
Napoli, famosa per il suo mare è formata anche da ben 12 colline che, forse, sono tra i luoghi piu' belli suggestivi della città, luoghi panoramici che hanno fatto per secoli la gioia di pittori e fotografi.
Vediamoli nei dettagli.

Monte Echia (o Pizzofalcone)
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Monte Echia è uno spuntone roccioso, interamente in tufo giallo, ubicato nella zona di Pizzofalcone, nel quartiere San Ferdinando di Napoli.
Questo promontorio si staglia sul Golfo di Napoli fra il borgo di Santa Lucia ad est, la conca di Chiaia ad ovest e sovrasta l'isolotto di Megaride a sud.
Su di esso i Cumani fondarono alla fine dell'VIII secolo a.C. Parthènope

Colle Monterone dove nacque Neapolis


A poco più di due chilometri, più basso e ormai invisibile sotto le migliaia di tonnellate di cemento che lo coprono, il Colle Monterone fu la casa della città rivale di Palepolis.
I coloni di Neapolis si stabilirono infatti proprio qui, godendo di una posizione perfetta: in tempi antichissimi -e parliamo di circa 2700 anni fa – l’attuale Porto di Napoli doveva apparire come una spiaggia con una scogliera alle sue spalle. Oggi è quasi impossibile riuscire a immaginarla come doveva essere all’epoca!
Custodisce anche un reperto dal valore inestimabile: la “Tomba di Partenope”, ovvero un manufatto di epoca greca in cui, per la prima volta, viene menzionata la leggendaria sirena. Si trova dentro la chiesa di San Giovanni Maggiore.
La sommità del Colle Monterone era l’antica acropoli greca, dove oggi c’è Sant’Aniello a Caponapoli: troviamo infatti anche un pezzettino delle antiche mura della città. Alle spalle, poi, c’era una ripidissima discesa che portava al Colle di Fonseca, che chiaramente all’epoca nemmeno aveva un nome.


La collina del Vomero
Vomero

Il Vomero è da sempre stato considerato la collina privilegiata di Napoli: si trova infatti in una posizione centrale, permette di osservare l’intera città, dal lato di Posillipo al lato del Porto. Non a caso qui fu costruito il Castel Sant’Elmo, che aveva una doppia finalità: da un lato serviva a difendere Napoli, dando una vista privilegiata per eventuali invasioni giunte dal lato di Chiaia, dall’altro difendere il governo dagli stessi napoletani.
Oggi è uno dei quartieri più vivi e attivi della città, eppure è stato considerato “fuori Napoli” fino all’inizio dell’800, quando Ferdinando I di Borbone lo incluse all’interno del Muro Finanziere. Prima di quel momento, la collina era divisa in quattro piccoli villaggi, alcuni frequentati sin dai tempi della Magna Grecia: Vomero Vecchio, Antignano, Case Puntellate e Arenella. Per capire l’antichità di questo posto, ci basterà pensare che l’antica “Via del Vomero” (che oggi sopravvive solo in un tratto di Via Cifariello) era un pezzo della Via Puteolis Neapolim per Colles risalente agli antichi romani. E proprio qui San Gennaro fece il suo primo miracolo.


Scudillo:un angolo di paradiso nel cuore della città
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Copre più o meno l’area del Rione Alto e dei Colli Aminei, ma abbiamo pochissime notizie sui suoi confini antichi. Confina infatti con Vomero, Capodimonte e Camaldoli, scendendo ripidamente poi verso Chiaiano e Piscinola. Alle sue spalle è delimitata dal Vallone di San Rocco.
Prende il nome dall’unica strada che conduceva qui ai tempi dell’antica Roma: oggi è un tristissimo percorso abbandonato. Non abbiamo idea dell’etimologia del nome: c’è chi si riferisce ad un piccolo scudo (scutillum), oppure al napoletano “scurillo“, dato che la zona era caratterizzata da una fittissima pineta secolare che lasciava un’ombra perenne sull’intero territorio.
Quel che è certo è che oggi gli ultimi pini sono solo un contorno malconcio per l’urbanizzazione incontrollata del territorio attorno a Viale Colli Aminei, che prima si chiamava “Via dello Scudillo”.


Capodimonte
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è un rione collinare di Napoli, corrispondente ai casali di Porta Grande, Porta Piccola e Porta Miano. È suddiviso tra i quartieri Stella (Napoli), San Carlo all'Arena e Miano.
Era chiamata la collina del Re perchè, fra le varie colline di Napoli, questa fu scelta da Carlo di Borbone per costruire la sua reggia: per salire a Capodimonte bastava infatti percorrere Via Toledo e poi risalire per la Sanità. Era anche un luogo pressoché intatto ed aveva un’aria purissima, la stessa che poi portò alla costruzione della Zona Ospedaliera sullo Scudillo. Insomma: una soluzione perfetta per star lontano dalla città, senza trovarsi davvero lontani. Quando Murat fece costruire il Ponte della Sanità, poi, il quartiere ebbe un vero e proprio boom edilizio e diventò anche una zona industriale: qui nacque ad esempio il primo birrificio di Napoli! Prima era invece famosissima per la sua industria di porcellane, che ancora oggi sono fra le più rinomate al mondo. Non dimentichiamo le altre eccellenze di questa zona: è infatti sede dell’Osservatorio Astronomico, il primo d’Italia.


La collina della Costigliola o San Potito
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La collina ha come limiti naturali due antichi alvei di deflusso delle acque piovane che prima dell’urbanizzazione erano facilmente riconoscibili. A sud, la profonda fenditura del Cavone, oggi via Francesco Saverio Correra (ne abbiamo parlato qui) scavata nel massiccio tufaceo di cui è costituita la collina, dai ruscellamenti provenienti dalle alture del Vomero. Mentre a nord il limite era dato dall’Infrascata, ovvero l’attuale via Salvator Rosa che si inerpica verso il Vomero.
Anticamente la zona si trovava fuori dalle mura della città e in pratica l’intera collina era di proprietà della famiglia Carafa. A vedere l’agglomerato di case che è oggi sembra impossibile immaginarsi il luogo in passato, eppure questo rimase rurale e selvaggio fino al periodo vicereale, quando, nonostante il divieto di costruire al di fuori della cinta muraria iniziò una massiccia urbanizzazione, favorita dalla fame di terreni prossimi alla città e dalla “lottizzazione” praticata dai Carafa, che iniziarono a cedere porzioni di suolo in enfiteusi (una sorta di contratto di affitto che concedeva diritti molti simili alla proprietà).

I primi ad insediarsi furono soprattutto gli ordini religiosi, e poi subito dopo la nobiltà e la nascente classe borghese dei professionisti, che la scelsero per edificarvi i propri palazzi sia per la bellezza dei luoghi ma anche per i costi più bassi dei suoli rispetto a quelli all’interno delle mura cittadine.
La Costigliola è percorsa sostanzialmente da due strade: via Salvatore Tommasi (già via san Potito) e via San Giuseppe dei nudi. Lungo queste due strade si affacciano numerose fabbriche civili e religiose.


Colle di Fonseca


Il Colle di Fonseca a Napoli1 occupa l’area interessata oggi dalle fondazioni del Museo Archeologico Nazionale ed il relativo borgo alle sue spalle, conosciuto come il borghetto delle Cavaiole.
Tuttavia, perentoriamente alla cittadinanza è ignota l’effettiva estensione territoriale dei suoi confini, ed è altrimenti conosciuto solo e soltanto come territorio a tutta destra della chiesa di Santa Giovanna Antida Thouret, con facciata aperta proprio su Via Fonseca.

Si chiama Colle del Fonseca in quanto, molta buona parte di esso già densamente edificata finì in proprietà a Giovanni Ruiz Fonseca, riscattato all’enfiteuta, Fabio Cicinelli nel 1539, in parola col monastero dei Santi Marcellino e Festo.

Da quel momento in poi, il colle assunse l’attuale toponomastica in forza di un’intensa ed accresciuta attività edilizia sorta tutto intorno alle chiese di Santa Teres e dei Padri Serviti di Materdei. Per questi e non altri motivi, dunque, per colle di Fonseca, deve intendersi quell’altura densamente urbanizzata sulla quale, fino al XVII secolo, da sole emergevano le costruzioni del palazzo Di Majo, la chiesa di Santa Teresa agli Studi, il palazzo Cimitile, parte del complesso urbano di Materdei, compreso la chiesa dei padri Agostiniani Scalzi, fino al poderoso monastero dei Santi Bernardo e Margherita. Il colle, oggi come allora è ovvio, termina con un impraticabile salto di quota all’altezza dell’emiciclo che anticipa l’imbocco al Ponte della Sanità.


Capodichino

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“Caput de clivo“, questa è una delle ipotesi sull’origine del suo nome: nel Medioevo si chiamava semplicemente “clivo“, ovvero “pendio“, mentre la parte più alta era indicata come “caput”. Sembra più improbabile l’idea che immagina la traduzione di queste parole “capo chinato“, dovuto alla fatica enorme per raggiungere la sommità della collina. Sicuramente, però, è sempre stata un luogo impervio. Questa zona si divideva in due parti: quella più alta e vicina a Napoli è sempre stata un luogo di esercitazione militare, tant’è vero che fino al 1918 era chiamato “Campo di Marte“. Dopo la guerra, l’aeroporto è stato intitolato a Ugo Niutta, mentre il quartiere è rimasto sulle mappe come Capodichino. La parte interna, invece, ospitava il casale di Secondigliano.
La parte inferiore della collina sin dai tempi antichi, è stata immaginata come luogo per le sepolture, tant’è vero che ospita un complesso cimiteriale da 2500 anni. Ai suoi piedi si trova poi Poggioreale, che un tempo era residenza reale degli Aragona, poi diventò un quartiere abbandonato ai confini della città.


Camaldoli
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La Collina dei Camaldoli, con i suoi 457 metri sul livello del mare, è il rilievo più alto della città di Napoli. Si estende tra il comune di Napoli e i comuni di Marano di Napoli e Quarto. La sua origine viene fatta risalire a circa 35.000 anni fa, in seguito a violente eruzioni che colpirono tutta l'area vulcanica dei Campi Flegrei.
I due versanti sono caratterizzati da differenze sostanziali: il versante sud è caratterizzato da rupi scoscese composte da rocce di tufo; il versante nord è in lieve declivio ed è ricoperto da un folto bosco ceduo.

Dalla sommità sul lato che dà sul quartiere di Soccavo si gode una splendida ed ampia vista su gran parte della Campania, che abbraccia i golfi di Napoli, Pozzuoli e Gaeta, il Vesuvio, la penisola sorrentina, la lunga dorsale di Capo Posillipo che si prolunga in mare con l'isola di Nisida, fino al Circeo, il massiccio di Roccamonfina, l'arcipelago delle isole ponziane, l'altopiano del Matese e alle spalle della collina dei Camaldoli, troviamo la cittadina di Marano di Napoli. Sul punto più alto della collina è stato fondato nel 1585 l'edificio dell'Eremo dei Camaldoli che attualmente ospita le suore brigidine.


Posillipo fra mare arte storia e natura
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La Collina di Posillipo è sempre stata nell’immaginario di chiunque conosce il capoluogo Partenopeo il buen retiro della Napoli “bene”, la zona residenziale della città in cui rifugiarsi per allentare tutte le tensioni accumulate in centro o in periferia che con le sue splendide ville, palazzi nobiliari e una innata eleganza impressiona il viaggiatore che la percorre.
Confina ad ovest e nord con i quartieri di Bagnoli (Discesa Coroglio) e di Fuorigrotta e ad est con il quartiere Chiaia (via Stazio, via Giovernale, via Orazio, Largo Sermoneta). A sud affaccia sul golfo di Napoli, appartenente al Mar Tirreno.
Il suo nome deriva dal greco Παυσίλυπον (Pausilypon) che letteralmente significa «tregua dal pericolo» o «che fa cessare il dolore», denominazione legata al panorama sul litorale cittadino e sul golfo, veduta di cui si godeva anche duemila anni fa. Questo sarebbe stato il nome della villa del romano Vedio Pollione, che poi si sarebbe esteso all'intero promontorio. Prima di questo appellativo, la collina di Posillipo era nota come Mons Ammenus.


Monte Spina
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Il monte Spina (o Montespina) è un vulcano quiescente italiano situato a Napoli, nel complesso dei Campi Flegrei,
E' un duomo di lava che si trova sul bordo meridionale de cratere di Agnano e che è costituito dal camino vulcanico dell'ex vulcano.
Possiede anche un’altra particolarità: è l’unica collina ancora disabitata.


La collina di San Laise
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è nota sin dal medioevo. Apparteneva ai Gesuiti ed era poco più di un campo coltivato. Dobbiamo fare un salto lunghissimo per ritrovarla urbanizzata: è infatti diventata la base NATO di Napoli, che oggi è una fondazione. Il Quartier Generale degli alleati americani, infatti, sorge su una altura che è la nostra antichissima collina.

Riferimenti:
Gino Doria, Le strade di Napoli, Ricciardi Editore, Milano, 1982
Romualdo Marrone, Le strade di Napoli, Newton Compton, Roma, 1992
Italo Ferraro, Napoli: atlante della città storica, Edizioni Oikos (tomi da 1 a 5)
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