*Antefatto
Ciro Cerullo è un artista di strada italiano (papà napoletano e mamma olandese) dalla fama ormai consolidata, con il nome di Jorit: nato il 24 novembre 1990 a Quarto, nell’area nord-occidentale della nostra città metropolitana, dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, cominciò ad essere conosciuto nel 2011, quando le sue opere furono esposte nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, MANN, ma la sua passione per l’arte “di strada” cominciò da ragazzino, quando diede nuova vita ad un vecchio treno arrugginito, nel deposito di Quarto. Specializzato in grandi murales, da tempo le sue grandi opere si impongono all’attenzione dei passanti facendoli riflettere sui temi <all’ordine del giorno> (importanti, come il razzismo e l’inclusione; oppure più leggeri (sport ecc.), fissati sulle pareti murali - a futura memoria. Ciro, come tutti gli artisti, è un “curioso della vita”; come molti dei personaggi adusi alla popolarità, ne è influenzato al punto di temere che la popolarità possa finire da un momento all’altro e coglie tutte le occasioni per far parlare di sé (gli psicologi parlano di <dipendenza dalla fama>); tutto questo provoca azioni e reazioni spesso contraddittorie, incomprensibili a chi le osserva come spettatore.
*
‘O fatto
All’uscita della foto di Jorit con il presidente russo Putin hanno fatto seguito dichiarazioni, precisazioni, polemiche, forti reazioni: ad Ischia è stata vandalizzato un suo murales una donna di colore con la kefiah palestinese sul quale è stata buttata della vernice bianca e sulla balaustra adiacente è stata appesa una bandiera ucraina; le tv e le radio hanno stigmatizzato la sua scelta riportando le sue parole: <presidente, in Italia si dicono tante cose su di lei … Le chiedo di fare una foto con me per dimostrare all'Italia che lei è umano come tutti, a dispetto sulla propaganda >. Putin ha accettato: così: <certo, basta che non mi dia un pizzicotto per sincerarsi che sono una persona reale>.
* Qualche opera di Jorit, per comprendere <cumm’è overamente>:
§ <salvador Allende>, ricordo/monito della dittatura militare in Cile;
§ <bambino che guarda da una toppa>, per non dimenticare la lotta del popolo palestinese;
§ <i have a dream>, con Martin Luther King, icona delle ingiustizie sociali e portavoce dei diritti civili degli afroamericani;
§ <sogni> dedicata ai diritti negati e i sogni non ascoltati dei bambini;
§ <bambina> murales sulla facciata di un palazzo distrutto a Mariupol: la piccola ha gli occhi con i colori della bandiera della Repubblica Popolare di Doneck e alle sue spalle piovono missili con la scritta "NATO".
* Conclusione napoletana con premessa:
L’arte (in politica è nato il termine <artivismo>) ha sempre avuto il potere di muovere le coscienze e spingere alla riflessione e all’azione. L’artista vive in un suo mondo tormentato da contraddizioni e ampi intrecci da cui è difficile districarsi
* E, allora, pe fa fernì ‘sta jacuvella, adda venì … ‘nu Baffone?
a) “Jacuvella” (dal latino jaculum, dardo) è situazione intricata, un “tira e molla” apparentemente senza fine. Il termine risale al Cinquecento; quando un intellettuale napoletano Nicola Antonio Stigliola, detto Colantonio, di professione medico, per diletto elaborò una traduzione napoletana dell’Eneide. Nell’appendice dell’opera, segnò il termine “ghiacovella ” per indicare un combattimento e/o una condizione di conflitto destinata a non risolversi.
b) “Adda venì Baffone” è un popolare detto napoletano che invoca un uomo baffuto che metta a posto una situazione difficile. La storia ci riporta al finire della Seconda guerra mondiale, quando il popolo napoletano, straziato dalla guerra, non sapendo più a chi rivolgersi per mettere fine alle sofferenze, si augurava che arrivasse dall’est (dove si diceva che fosse il popolo a comandare) un uomo che li aiutasse: quell’uomo baffuto che, a capo dell’Unione Sovietica, secondo i Napoletani era stato capace di guidare il popolo verso la libertà. E il Baffone era Josif Stalin, un dittatore sovietico non si conoscevano allora tutte le atrocità. Il detto, perso il riferimento a Stalin, è rimasto come augurio di evenienze felici, e viene usato anche da giovani che delle atrocità compiute da Stalin non hanno contezza. Adda equivale a "ha da" (cioè "deve"), forma ortografica più corretta di "adda (sdoganata da Eduardo De Filippo)