Le stronzate di Pulcinella

1940/45 i bombardamenti e gli sfollati italiani:con immagini d'epoca

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view post Posted on 5/1/2017, 09:05
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Le ventimila vittime di Foggia


Foggia subì complessivamente nove violentissimi bombardamenti. Sotto i bombardamenti morì un terzo della popolazione di allora. Migliaia di abitazioni, l'aeroporto, la stazione ferroviaria, intere piazze, strade e rioni del centro e della periferia furono devastati totalmente.
Per completezza d'informazione occorre ricordare che non vi è un consenso unanime da parte degli storici sul numero delle vittime. Prima di tutto a Foggia non è mai stato effettuato un calcolo con un criterio rigoroso del numero dei morti per effetto dei bombardamenti, diverse fonti parlarono di 20.298 o 20.292 vittime.
Foggia fu l'unico caso di città italiana distrutta al 75% e, perciò, totalmente evacuata. È più realistico immaginare, pertanto, dopo lo shock dei primi assalti dal cielo, un immenso deserto comunitario, un fantasma urbano nel cuore del Tavoliere, ricoperto solo di detriti e preda delle mire terroristiche dell’aviazione alleata, poiché i foggiani superstiti, la stragrande maggioranza, erano ormai al sicuro altrove.



Per contrastare l’intervento di truppe e di aerei da nord erano già cominciati dal 28 di maggio i bombardamenti sugli aeroporti di Foggia e sulla stazione ferroviaria. Dopo aver conquistato con relativa facilità la Sicilia gli Alleati il 16 luglio decisero senza indugio di scegliere l’opzione suggerita da Winston Churchill che prevedeva l’invasione dell’Italia da sud al fine di costringerla ad accettare l’armistizio. Venne seguita la strategia proposta dal generale Marshall che pose come primo obiettivo il controllo dell’asse Napoli-Foggia. Lo scopo era quello di assicurare alle forze alleate l’utilizzo del porto di Napoli e del nodo ferroviario e degli oltre trenta aereoporti della zona di Foggia in mano alle forze armate tedesche. Comincia così la “campagna Napoli-Foggia” . Questi antefatti spiegano perché il 22 luglio gli Alleati effettueranno un cruento bombardamento e mitragliamento sulla città che coinvolse soprattutto la popolazione civile. Lo scopo dell’incursione era quello di fiaccare il morale della popolazione affinchè chiedesse la fine della guerra. Questa iniziativa insieme ai bombardamenti su Napoli e Roma sembra dare i propri frutti infatti il 25 luglio cade il fascismo e cominciano i contatti per porre fine alla guerra.


Il cruento bombardamento di Bari


In vista dell'imminente invasione nel sud Italia, l'aviazione anglo-americana aveva risparmiato dai bombardamenti il porto di Bari, considerato strategico come futuro centro di approvvigionamento dei rifornimenti per l'8ª Armata britannica e per l'aviazione alleata, che stava costruendo una decina di aeroporti nella zona di Foggia e in altre parti della regione.
Il bombardamento di Bari fu, pertanto, un'azione d'attacco aereo effettuato dalla Luftwaffe nei confronti del naviglio alleato attraccato nel porto di Bari, città occupata dalle forze britanniche l'11 settembre 1943 in seguito alle operazioni di invasione dell'Italia continentale, durante la campagna d'Italia della seconda guerra mondiale. La sera del 2 dicembre 1943, 105 bombardieri Junkers Ju 88 appartenenti alla Luftflotte 2 tedesca bombardarono le navi da trasporto ancorate alla fonda del porto; l'attacco causò grosse perdite per gli alleati.


Lo scopo dell'attacco aereo era quello di rendere inagibile il porto, nel quale affluiva la maggior parte dei rifornimenti per le truppe dell'8ª Armata britannica e per le basi aeree alleate nell'aerea di Foggia. Otto navi cargo furono gravemente danneggiate mentre quelle affondate furono 17, i cui relitti bloccarono il porto per tre settimane. Gli anglo-americani, messi in difficoltà nell'approvvigionare le proprie truppe, dovettero quindi rallentare sia l'offensiva sia la costruzione degli impianti aeroportuali di Foggia. Durante l'attacco venne colpita la nave statunitense SS John Harvey, che trasportava un'importante carico di bombe all'iprite, dalla quale fuoriuscirono per alcuni giorni una grande quantità di sostanze tossiche che contaminarono le acque del porto, i militari e i civili nella zona.
Centinaia di civili morirono a causa dei crolli o calpestati mentre correvano a ripararsi, mentre i marinai dei mercantili e i portuali italiani giacevano morti lungo i frangiflutti o galleggiavano a faccia in giù nell'acqua satura di petrolio e agenti tossici del porto. Sul molto orientale una lancia norvegese trasse coraggiosamente in salvo sessanta uomini intrappolati dal fuoco, nel porto avvolto dal fumo, moltissimi scafi continuavano a bruciare e le esplosioni si susseguirono per tutta la notte, mentre decine e decine di infermieri e medici accorrevano ai moli.


Oltre ai gravissimi danni nel Porto, crollarono numerose case nella città vecchia colpite dalle bombe o a causa dello scoppio di navi cariche di munizioni, oltre ad alcuni edifici della città nuova colpiti dagli ordigni.
 
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1943 Reggio Calabria Bombardata: l’operazione Baytown,



Il numero e la frequenza delle incursioni aeree testimoniano che la provincia più colpita della Calabria, anche per ovvie ragioni geografiche, è stata quella di Reggio Calabria (non solo il capoluogo – martoriato da 24 bombardamenti – ma anche centri minori quali Villa San Giovanni, Bagnara Calabra, Gioia Tauro, Palmi, Locri, Roccella Jonica).

I raid americani ed inglesi, giorno e notte, ebbero inizio il 27 gennaio 1943 e si protrassero fino ad agosto di quell’anno con un bilancio pesantissimo di 3.986 morti, 12.043 feriti e il 70% degli edifici distrutto o danneggiato. 35 mila residenti lasciarono la città di Reggio.
Preannunciati il 30 aprile, dopo il raid del primo maggio, i bombardamenti iniziarono il 4 maggio e le zone più colpite, seppur con danni lievi, furono l’Annunziata e San Brunello. Quello più drammatico fu quello del 6, giorno in cui, secondo fonti alleate, con inizio alle ore 11.20 due successive formazioni comprendenti 50 Liberetors complessivamente, provenienti dalla base dell’US Air Force di Bengasi, si alternarono sganciando 110 tonnellate di bombe che colpirono il centro storico di Reggio, il Duomo, Piazza Carmine, Stazione Centrale, Distretto Militare, Santa Caterina (quartiere di Reggio Calabria), Tremulini, Sbarre Centrali, porto ed impianti ferroviari. Una giornata funesta come ve ne furono molte in quel maggio 1943.


Con i B17, sia statunitensi che britannici, fu bombardata la periferia nord, a metà giugno venne bombardato l'aeroporto e il centro storico. Ma i bombardamenti peggiori avvennero fra luglio e agosto, quando furono effettuati otto raids. La popolazione era allo stremo, in 35.000 abbandonarono la città. In settembre tutti i punti strategici erano stati distrutti eppure vennero effettuati altri due raids contro la popolazione. Il 4 settembre i britannici entrano nella città gravemente provata. I morti, a seguito dei bombardamenti, furono 3.986, i feriti 12.043 e il 70% degli edifici distrutto o danneggiato.
Ma subirono durissimi attacchi anche gli altri territori: in particolare, tonnellate di bombe su Vibo Marina e Vibo Valentia, Catanzaro e Catanzaro Marina, Sant’Eufemia Lamezia, Crotone, Isola Capo Rizzuto. Meno intensi gli attacchi nel cosentino, non per questo meno dannosi: Cosenza, Castrovillari, Paola, Trebisacce e Sibari patirono diverse incursioni.

i spogghiati


Gli sfollati calabresi venivamo chiamati i spogghiati perché bisognosi di tutto. Dalle citta' si verifico' un vero e proprio esodo verso le località interne .
Una storia fatte di enormi sacrifici per una popolazione che si trovo' improvvisamente sotto le bombe e alle prese con l'oscuramento delle città,alla requisizioni dei quadrupedi e alla indigenza piu' estrema dovuta al progressivo razionamento dei generi alimentari che aveva peggiorato le condizioni di vita. La carenza alimentare, se non la fame, preoccupava le famiglie, in primo luogo, per lo stato dei bambini e di chi doveva lavorare, per cui si andava alla ricerca di genere di prima necessità nelle campagne e nei luoghi del mercato nero.
Una condizione che ha avuto come conseguenza lo sfollamento dai centri colpiti, l’annichilimento fisico e psicologico della popolazione e, come finalità, la progressiva frattura fra l’opinione pubblica e il regime fascista.
I più previdenti e i più agiati , quelli che possedevano una cascina o una casa di campagna, avevano letteralmente svuotato le abitazioni cittadine, portando via non soltanto i generi di prima necessità ma anche suppellettili, quadri, mobili e in generale tutto ciò che di prezioso poteva essere trasportato. Gli altri grandi esodi di sfollati si sarebbero avuti nell’agosto del 1943. Le persona più fortunate prendevano d’assalto corriere e treni già nel pomeriggio all’indomani del bombardamento e raggiungevano i famigliari sfollati nelle località piu' remote dell'interno calabrese. Per gli altri non restava che armarsi di pazienza e raggiungere la periferia, con carri o a piedi, per trascorrere la notte nei campi, dove si formavano accampamenti sotto le stelle.


 
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view post Posted on 10/1/2017, 11:14
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[color=blue BOMBARDAMENTI SU PALERMO[/color]



Il 23 giugno 1940, a soli 13 giorni dalla nefanda dichiarazione di guerra di Mussolini, Palermo subisce il primo bombardamento da parte di alcuni bombardieri francesi partiti dalle basi in Algeria, le bombe mancano l’obiettivo, il porto, e cadendo sull’abitato uccidono 25 civili.
Nel 1941 la città è bombardata per 11 volte da aerei della Raf (Royal Air Force – aviazione militare del Regno Unito) e della F.a.a. (Fleet Air Arm – aviazione della marina del Regno Unito) provenienti dalla base di Malta. Durante tutto il 1942 la città è colpita soltanto tre volte sempre da aerei della Raf provenienti dalla predetta base inglese. Tuttavia, nel periodo tra agosto e dicembre 1942, nell’intento di fiaccare psicologicamente i cittadini o forse di avvisare la popolazione che il peggio era ancora da venire, gli aerei tornano più volte e sorvolando la città sganciano non bombe ma volantini minacciosi che riportano la frase: “La vera guerra si avvicina – perché vi bombardiamo”.
L'importanza del porto di Palermo durante la seconda guerra mondiale fu tragicamente chiara a tutti i suoi abitanti. Frequenti attacchi britannici avevano mirato a interrompere il flusso di rifornimenti alle forze dell'Asse in Africa.
Di solito i bombardieri provenivano da Malta, passavano sopra Isola delle Femmine; si dirigevano poi su Sferracavallo e Mondello, seguivano la rotta di attacco in direzione dell'Arenella e colpivano il porto. Però la vicinanza della montagna e le correnti d'aria avevano sempre impedito che i Cantieri navali fossero seriamente danneggiati. E poiché non c'erano altri punti d'interesse strategico, con qualche disagio la città aveva continuato la sua vita. Ma nel 1943 ogni residua minima sicurezza s'era dissolta.
Il 1° marzo, in pieno giorno, due formazioni per complessivi trentasei bombardieri di nuovo attaccano il porto e l'entroterra urbano. Novantaquattro tonnellate di bombe vengono scaricate sulla città, fra gli edifici danneggiati ci sono il portico meridionale della Cattedrale, l'Albergo delle Povere di corso Calatafimi, il complesso monumentale di via Cappuccini. Il 22 marzo è la volta di ventiquattro bombardieri, ognuno sgancia dodici bombe sempre a cominciare dal porto. Stavolta l'acqua sollevata da un'esplosione allaga un rifugio antiaereo sul molo, dove s'erano rifugiati gli operai della Compagnia portuale: 24 morti.
La chiesa del SS. Salvatore, la Biblioteca nazionale, l'ospedale di San Saverio all'Albergheria vengono seriamente danneggiati la notte fra il 4 e il 5 aprile. Il rifugio di via Monte Pellegrino è centrato il 15 aprile, i morti sono 92. L'indomani, ventidue Fortezze volanti
provenienti dall'Algeria bombardano i quartieri attorno al porto anche con ordigni al fosforo, che causano l'incendio e il crollo del primo piano dell'Archivio di Stato.


Il 17 aprile altra incursione: 48 bombardieri lanciano 1.200 bombe per un totale di 130 tonnellate di esplosivi che devastano corso Vittorio Emanuele e via Cavour, la contraerea italo-tedesca abbatte quattro Fortezze volanti. Il 18 aprile altra incursione: bombe dirompenti e spezzoni incendiari colpiscono soprattutto gli scali ferroviari di Brancaccio e piazza Ucciardone, il deposito dei tram. Le comunicazioni risultano paralizzate.
E' proprio ora che comincia il vero massacro della città. E parlo di massacro, dato che l’unico vero obiettivo militare, il porto, era stato già quasi completamente distrutto nelle precedenti incursioni. Ad aprile le fortezze volanti colpiscono ben quattro volte la città, utilizzando bombe incendiarie e al fosforo“
Il 18 aprile, una bomba “destinata” alla Cattedrale finisce a piazzetta Sett’angeli colpendo una sorta di rifugio antiaereo, in realtà un cunicolo profondo appena un paio di metri, provocando un strage. Un numero imprecisato di morti, decine, forse centinaia, specialmente donne e bambini. Dopo i bombardamenti di aprile, in una Palermo dialaniata e impaurita con le comunicazioni interrotte e semi abbandonata da tutti coloro che avevano un qualsiasi appoggio nei paesi dell’interno o da qualsiasi altra parte lontano dalla città.
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Palermo, insomma ha sperimentato durante la guerra il primo bombardamento a tappeto avvenuto in Italia. Nessuno dei suoi quartieri viene risparmiato, il tessuto monumentale è ridotto in macerie che riprendevano a bruciare anche dopo spente: effetto di ordigni incendiari come le bombe al fosforo. Nell'elenco stilato dai Vigili del fuoco e dalla Soprintendenza ai Beni culturali i nomi degli edifici distrutti disegnano il profilo di una città martoriata. E la notte dello stesso 9 maggio la città torna a essere colpita da 23 bimotori Wellington: gettano 76 ordigni esplosivi fra cui due bombe Hc (High capacity) da 4.000 libbre (1.814 chili), che non penetrano al suolo ma risultano micidiali per distruggere le zone edificate.

Gli sfollati siciliani
Molte persone fuggirono nell'entroterra e qui la vita degli sfollati , come altrove, è facile immaginarla. Di fatto si soffriva la fame, giacché, nonostante l’“ordine superiore”, non sempre le autorità municipali provvedevano – così si legge in un articolo di giornale del 12 aprile 1944 – a distribuire le previste 100 lire pro-capite. Ma gli sfollati spesso ricevevano dagli indigeni ogni tipo di aiuto, sia pur modesto, nella misura in cui la comunità ospitante ne aveva la disponibilià. Ci si ci aiutava un po’ tutti, specialmente con frutti, di cui c’era qualche abbondanza, oltre ad offrire, ogni tanto, olio, fagioli e altro. La gente, insomma, faceva a gara per rendere la vita meno amara a chi aveva perduto tutto, sotto le bombe del fuoco amico e nemico.
E per nessuno era quello il tempo delle vacche grasse.


Edited by Pulcinella291 - 11/1/2017, 13:52
 
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view post Posted on 13/1/2017, 10:01
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I BOMBARDAMENTI IN SARDEGNA



Nella prima fase della guerra (anzi, per quasi tutti i primi tre anni) l’isola ha conosciuto pochi attacchi aerei.
La Sardegna entra nell’occhio del ciclone a partire dal febbraio 1943, quando – dopo lo sbarco in Africa settentrionale – gli Alleati preparano l’assalto finale alla ‘‘fortezza Europa’’. I bombardamenti che avevano toccato sino a quel punto quasi soltanto obiettivi militari (porti e aeroporti) puntano ora sulle città portuali. Cagliari e` colpita duramente tre volte in febbraio, il 17, il 26 e il 28: la prima incursione, un pesante spezzonamento diurno condotto da 70 bombardieri americani, fa strage di cittadini inermi (un centinaio), mentre pochi minuti più tardi una formazione addirittura, secondo alcuni, un aereo isolato – che avrebbe dovuto bombardare Villacidro sgancia i suoi spezzoni sul piccolo centro rurale di Gonnosfanadiga, uccidendo 83 persone, di cui la gran parte bambini; il secondo bombardamento su Cagliari, che fece 73 morti e 286 feriti secondo il bollettino di guerra, fu di gran lunga più rovinoso, spingendo la popolazione civile a un esodo di massa, una fuga disordinata di migliaia di persone, su ogni mezzo di trasporto reperibile. Ma ancora più terribile fu la terza incursione, condotta da 46 Fortezze volanti e 39 caccia, all’una di una domenica mattina di gran sole: colpita da 538 grandi bombe, che fecero oltre 200 morti e alcune centinaia di feriti (ma tutte le cifre ufficiali vanno largamente aumentate), la città era, il giorno dopo, un deserto fumante. Meno tragiche sul piano delle vite umane, ma non meno devastanti, furono le conseguenze di un altro grande bombardamento subito dalla città il 13 maggio: attaccata da 107 quadrimotori e 120 bombardieri medi con bombe da 1000 libbre (nella notte poi seguì un’altra incursione, stavolta di bombardieri inglesi), la città ebbe distrutto quasi il 70% dell’abitato. Il 19 maggio 1950 Cagliari sarebbe stata decorata di medaglia d’oro al valore militare («Capoluogo dell’isola nobile e generosa, scolta invitta d’Italia al centro del Mediterraneo, sopportò per anni, con l’indomita fierezza della sua gente, lunghe, terrificanti ed assillanti distruzioni di guerra recate dalla intensa offesa aerea.
Tranne Sassari, su cui furono lanciati pochi spezzoni in quello stesso maggio, gli altri centri maggiormente danneggiati furono Porto Torres, colpita più volte, Olbia, Carloforte e Alghero (fra il 13 e il 14 maggio la Sardegna fu attaccata da oltre 650 aerei): ad Alghero, nella notte fra il 17 e 18 maggio, l’incursione fece 52 morti. Non esistono statistiche ufficiali sulle perdite umane subite dalla Sardegna a opera dei bombardamenti alleati: accurate ricerche recenti hanno calcolato in oltre 1000 i civili caduti, la cui morte e` registrata nei pur lacunosi documenti ufficiali del periodo (863 a Cagliari, 58 ad Alghero, 13 ad Arbatax, 12 a Carloforte, 3 a Chilivani, 1 a Decimomannu, 83 a Gonnosfanadiga, 1 a Macomer, 28 a Monserrato, 22 a Olbia, 5 a Porto Torres, 8 a Quartu, 3 a Sassari, 1 a Pabillonis, 3 a Villacidro) (M. Coni e F. Serra). Gravi furono i danni subiti dalle installazioni militari e dal naviglio civile e militare: il 10 aprile formazioni di bombardieri americani avevano affondato l’incrociatore Trieste e gravemente danneggiato l’incrociatore Gorizia, da giorni alla fonda sulla costa davanti a La Maddalena.

Bombardamenti su Cagliari.



Il 7 febbraio 1943 fecero la loro comparsa gli aerei USA. Il giorno la città fu sottoposta, per ben 5 volte, ad azioni esplorative della ricognizione avversaria ed a spezzonamenti in alcuni quartieri periferici e nel vicino aeroporto di Elmas.

Il 17 Febbraio 1943, ci fu il prologo della triste storia della città e dei suoi centomila abitanti in guerra. Gli aerei da bombardamento americani piombarono nel centro della città per sganciare a tappeto un gran numero di bombe di medio calibro e di spezzoni incendiari. In via Sant'Efisio, tra la chiesa di Sant'Anna e quella di Santa Restituta, avvenne la maggiore strage. Il 26 Febbraio una ventina di B17 arrivò su Cagliari da Capo Carbonara rovesciando 50 tonnellate di bombe sulla direttrice Bonaria-Castello-Stampace. Il Teatro Civico fu sfondato, il Bastione di San Remy, colpito da 3 bombe, perse l'arco con parte delle scale.
Il 28 Febbraio, 85 aerei buttarono 538 bombe per 123 tonnellate di esplosivo. Le sirene d'allarme, per mancanza di energia elettrica, erano ormai inservibili. L'incursione durò 2 ore: furono distrutti il porto, il Palazzo della Dogana e la Stazione delle Ferrovie dello Stato. Quasi tutta la via Roma andò in rovina. I morti furono 200 secondo le cifre ufficiali e i feriti alcune centinaia.


A causa dei soli bombardamenti del Febbraio 1943 morirono, secondo le cifre ufficiali pubblicate dal Giornale d'Italia, 416 cagliaritani, mentre feriti e dispersi furono varie migliaia. La città di Cagliari venne distrutta all’80%. Nel maggio 1943 circa 45 mila cagliaritani abbandonarono la città che rimase praticamente deserta. Con lo sfollamento i cagliaritani e gli abitanti delle altre città cercavano rifugio nei piccoli paesini, in alloggi di fortuna dove, spesso soffrivano la fame, umiliazioni e amarezze. A Cagliari circolavano solamente sciacalli che, privi di scrupoli e distribuitisi nei vari rioni, saccheggiarono le poche abitazioni rimaste illese, asportando e barattando le cose trovate nelle macerie.
 
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