[color=blue BOMBARDAMENTI SU PALERMO[/color]
Il 23 giugno 1940, a soli 13 giorni dalla nefanda dichiarazione di guerra di Mussolini, Palermo subisce il primo bombardamento da parte di alcuni bombardieri francesi partiti dalle basi in Algeria, le bombe mancano l’obiettivo, il porto, e cadendo sull’abitato uccidono 25 civili.
Nel 1941 la città è bombardata per 11 volte da aerei della Raf (Royal Air Force – aviazione militare del Regno Unito) e della F.a.a. (Fleet Air Arm – aviazione della marina del Regno Unito) provenienti dalla base di Malta. Durante tutto il 1942 la città è colpita soltanto tre volte sempre da aerei della Raf provenienti dalla predetta base inglese. Tuttavia, nel periodo tra agosto e dicembre 1942, nell’intento di fiaccare psicologicamente i cittadini o forse di avvisare la popolazione che il peggio era ancora da venire, gli aerei tornano più volte e sorvolando la città sganciano non bombe ma volantini minacciosi che riportano la frase: “La vera guerra si avvicina – perché vi bombardiamo”.
L'importanza del porto di Palermo durante la seconda guerra mondiale fu tragicamente chiara a tutti i suoi abitanti. Frequenti attacchi britannici avevano mirato a interrompere il flusso di rifornimenti alle forze dell'Asse in Africa.
Di solito i bombardieri provenivano da Malta, passavano sopra Isola delle Femmine; si dirigevano poi su Sferracavallo e Mondello, seguivano la rotta di attacco in direzione dell'Arenella e colpivano il porto. Però la vicinanza della montagna e le correnti d'aria avevano sempre impedito che i Cantieri navali fossero seriamente danneggiati. E poiché non c'erano altri punti d'interesse strategico, con qualche disagio la città aveva continuato la sua vita. Ma nel 1943 ogni residua minima sicurezza s'era dissolta.
Il 1° marzo, in pieno giorno, due formazioni per complessivi trentasei bombardieri di nuovo attaccano il porto e l'entroterra urbano. Novantaquattro tonnellate di bombe vengono scaricate sulla città, fra gli edifici danneggiati ci sono il portico meridionale della Cattedrale, l'Albergo delle Povere di corso Calatafimi, il complesso monumentale di via Cappuccini. Il 22 marzo è la volta di ventiquattro bombardieri, ognuno sgancia dodici bombe sempre a cominciare dal porto. Stavolta l'acqua sollevata da un'esplosione allaga un rifugio antiaereo sul molo, dove s'erano rifugiati gli operai della Compagnia portuale: 24 morti.
La chiesa del SS. Salvatore, la Biblioteca nazionale, l'ospedale di San Saverio all'Albergheria vengono seriamente danneggiati la notte fra il 4 e il 5 aprile. Il rifugio di via Monte Pellegrino è centrato il 15 aprile, i morti sono 92. L'indomani, ventidue Fortezze volanti
provenienti dall'Algeria bombardano i quartieri attorno al porto anche con ordigni al fosforo, che causano l'incendio e il crollo del primo piano dell'Archivio di Stato.
Il 17 aprile altra incursione: 48 bombardieri lanciano 1.200 bombe per un totale di 130 tonnellate di esplosivi che devastano corso Vittorio Emanuele e via Cavour, la contraerea italo-tedesca abbatte quattro Fortezze volanti. Il 18 aprile altra incursione: bombe dirompenti e spezzoni incendiari colpiscono soprattutto gli scali ferroviari di Brancaccio e piazza Ucciardone, il deposito dei tram. Le comunicazioni risultano paralizzate.
E' proprio ora che comincia il vero massacro della città. E parlo di massacro, dato che l’unico vero obiettivo militare, il porto, era stato già quasi completamente distrutto nelle precedenti incursioni. Ad aprile le fortezze volanti colpiscono ben quattro volte la città, utilizzando bombe incendiarie e al fosforo“
Il 18 aprile, una bomba “destinata” alla Cattedrale finisce a piazzetta Sett’angeli colpendo una sorta di rifugio antiaereo, in realtà un cunicolo profondo appena un paio di metri, provocando un strage. Un numero imprecisato di morti, decine, forse centinaia, specialmente donne e bambini. Dopo i bombardamenti di aprile, in una Palermo dialaniata e impaurita con le comunicazioni interrotte e semi abbandonata da tutti coloro che avevano un qualsiasi appoggio nei paesi dell’interno o da qualsiasi altra parte lontano dalla città.
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Palermo, insomma ha sperimentato durante la guerra il primo bombardamento a tappeto avvenuto in Italia. Nessuno dei suoi quartieri viene risparmiato, il tessuto monumentale è ridotto in macerie che riprendevano a bruciare anche dopo spente: effetto di ordigni incendiari come le bombe al fosforo. Nell'elenco stilato dai Vigili del fuoco e dalla Soprintendenza ai Beni culturali i nomi degli edifici distrutti disegnano il profilo di una città martoriata. E la notte dello stesso 9 maggio la città torna a essere colpita da 23 bimotori Wellington: gettano 76 ordigni esplosivi fra cui due bombe Hc (High capacity) da 4.000 libbre (1.814 chili), che non penetrano al suolo ma risultano micidiali per distruggere le zone edificate.
Gli sfollati siciliani Molte persone fuggirono nell'entroterra e qui la vita degli sfollati , come altrove, è facile immaginarla. Di fatto si soffriva la fame, giacché, nonostante l’“ordine superiore”, non sempre le autorità municipali provvedevano – così si legge in un articolo di giornale del 12 aprile 1944 – a distribuire le previste 100 lire pro-capite. Ma gli sfollati spesso ricevevano dagli indigeni ogni tipo di aiuto, sia pur modesto, nella misura in cui la comunità ospitante ne aveva la disponibilià. Ci si ci aiutava un po’ tutti, specialmente con frutti, di cui c’era qualche abbondanza, oltre ad offrire, ogni tanto, olio, fagioli e altro. La gente, insomma, faceva a gara per rendere la vita meno amara a chi aveva perduto tutto, sotto le bombe del fuoco amico e nemico.
E per nessuno era quello il tempo delle vacche grasse.
Edited by Pulcinella291 - 11/1/2017, 13:52