Misterioso suicidio di una giovane cameriera:
Siamo ad Alleghe, caratteristico paesino del comprensorio dolomitico, in provincia di Belluno. L’anno è il 1933, esattamente, il 9 maggio del 1933. La mattina è assolata, ci sono degli anziani seduti al bar, al centro del paese, proprio vicino all’Albergo Centrale, detto Il Centrale, c’è il barbiere, nel suo gabbiotto di legno, poco distante, in prossimità del vicolo la Voi, quello che porta al lago, e c’è Emma De Ventura, la cameriera ai piani del Centrale, che si affaccia da un balcone, sta riordinando una stanza. Tutti la vedono, è una ragazza giovane e carina, qualcuno la sente anche cantare.
Il fidanzato, un camionista di Caprile, un paese lì vicino, è appena andato via, si è fermato a bere un caffè con lei. Nulla di strano. Tutto procede secondo la routine quotidiana. Emma rientra dal balcone e tutti tornano alle proprie faccende. Passano circa trenta minuti, poi, Adelina Da Tos, figlia dei proprietari del Centrale, Elvira Riva e Fiore Da Tos, boss della famiglia più ricca e potente del paese, esce correndo dall’albergo e dà l’allarme. Emma si è uccisa, è in una pozza di sangue, su, nella camera numero 6. Si è uccisa per amore. Lo sostengono i datori di lavoro, il parroco e anche il medico condotto, che per primo ha effettuato i rilievi
La bottiglietta con il veleno era chiusa:Ma Emma non sembrava, a detta di chi l’ha vista quella mattina e dei parenti, particolarmente triste e depressa tanto da togliersi la vita. In quella camera, la numero 6, c’è poi qualcosa di strano, di poco logico. Stando alla ricostruzione, la ragazza si sarebbe uccisa bevendo, prima, della tintura di iodo che, provocandole poi dolori inimmaginabili, l’avrebbe spinta a farla finita, velocemente, tagliandosi la gola con un rasoio.
La bottiglietta che conteneva il veleno, però, è chiusa e sistemata su un ripiano e il rasoio si trova sul comodino, a sei passi di distanza da dove giace morta Emma. Ma tutto questo non importa, per le autorità Emma Da Ventura si è suicidata, caso archiviato, chiuso. Ad Alleghe torna così la routine quotidiana.
Un altro cadavere: per le Autorità altro suicidio
Aldo Da Tos, l’altro figlio dei Da Tos, quello che gestisce la macelleria di proprietà, un negozio poco distante dal Centrale, si sposa con una ragazza, Caterina Finazzer, appartenente, anche lei, a una famiglia facoltosa. Il matrimonio si fa, anche se Caterina sembra poco convinta. La morte di Emma, le voci strane che girano ad Alleghe, il potere dei Da Tos, la mancanza di un vero sentimento per Aldo, insomma, un insieme di cose che a un matrimonio combinato non fanno certo bene. Comunque, Aldo e Caterina sposi partono per il viaggio di nozze.
Sono prima a Roma e poi a Venezia. E qui, nella Laguna veneta, qualcosa accade, i due, infatti, tornano a casa prima del previsto, in fretta e furia, e Caterina è tutt’altro che tranquilla. Chiama subito la madre, dicendole di venire a prenderla ad Alleghe il giorno dopo. Vuole andare via, ma non ci riesce. Il giorno dopo, infatti, il 4 dicembre 1933, il suo corpo, esanime, galleggia nelle fredde acque dell’imbarcadero. Un altro suicidio, dicono tutti. Era depressa, soffriva di sonnambulismo ed è caduta, accidentalmente, nel lago.
Il cadavere di Caterina, però, presenta dei lividi sul collo che sembrano proprio segni di dita. No, per il medico legale sono solo i primi segni della putrefazione. Dobbiamo qui ricordare che Caterina è morta da poche ore e le acque in cui è stata ritrovata sono ghiacciate, tanto da ritardare l’inevitabile processo putrefattivo.