Le stronzate di Pulcinella

La fuga di Kappler:tra misteri e depistaggi

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view post Posted on 9/7/2019, 18:21
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Pulcinella291 Forum

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La storia dell’ufficiale nazista Herbert Kappler è strettamente legata all’Italia e in particolare a Roma, città nella quale giunge nel 1939, ufficialmente come consulente presso l’ambasciata tedesca, in realtà come spia con il compito di sorvegliare l’attività della polizia italiana. La Città eterna affascina il giovane ufficiale, tanto da definirla una seconda patria.
Ma il suo nome rimane ancora nell’ombra per la stragrande maggioranza dei romani, almeno fino al 26 settembre 1943 quando Kappler convoca nella sua residenza a villa Wolkonsky, il presidente della Comunità ebraica di Roma Ugo Foà e quello dell’Unione delle comunità israelitiche italiane, Dante Almansi. Ai due Kappler intima l’ordine di consegnare, entro trentasei ore, almeno 50 chili d’oro, pena la deportazione di duecento ebrei romani verso la Germania.
L'ordine, pare, venisse direttamente da Hitler .
Anche se in maniera molto velata, Kappler si dichiaro' non favorevole a questa soluzione apparentemente rischiosa poichè avrebbe potuto avrebbe potuto far sollevare una parte della popolazione romana.
Ma Gli ordini sono ben altra cosa e devono essere eseguiti, specie quando provengono direttamente da Berlino. L’oro viene consegnato, è anche più di quanto richiesto. Vengono raccolti ben 59 chili ma non bastano a placare i tedeschi. Il 16 ottobre 1943 milleduecentocinquantanove ebrei vengono deportati in Germania. Dall’inferno dei campi di sterminio torneranno soltanto in sedici, quindici uomini e una sola donna: Settimia Spizzichino.

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Ma il nome di Kappler è soprattutto legato all'eccidio delle fosse Ardeatine quando con la collaborazione del questore di Roma Caruso, stila l’elenco degli italiani da giustiziare per “vendicare” l’uccisione di trentatré soldati tedeschi, avvenuta per mano dei partigiani italiani, in un attentato in via Rasella, a pochi passi da Piazza Barberini.
Sono trecentotrentacinque gli italiani assassinati. Nell’orribile calcolo vengono aggiunte cinque persone in più rispetto ai prestabiliti 330, dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Tutti vengono trucidati all’interno di alcune cave sulla via Ardeatina, vicino alle catacombe di San Callisto.

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Kappler, obbedendo all’ordine di Kesserling, il 17 aprile 1944, si renderà protagonista ancora di un altra pagina tragica della Roma occupata: il rastrellamento del Quadraro, dove in piena notte fece arrestare quasi mille persone, tutti uomini con un’età compresa fra i sedici e cinquantacinque anni. Dai diversi campi di concentramento tedeschi e polacchi, nei quali furono deportati, torneranno in pochissimi.
Kappler dispose anche il sequestro e il trasporto verso la Germania dell'intera riserva aurea dell'Italia, pari a 120 tonnellate, conservata nelle casseforti della sede centrale romana della Banca d'Italia. L'intera riserva aurea venne dapprima trasferita a Milano nella notte tra il 22 ed il 23 settembre e da qui, in un secondo momento, sempre attraverso treni blindati, l'oro transitò anche per il forte di Fortezza, sino ad essere definitivamente trasportato a Berlino. Alla fine della guerra, al momento della restituzione del metallo prezioso, risultarono mancanti 25 tonnellate.

L'arresto e la condanna di Kappler
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Alla fine della guerra Herbert Kappler viene arrestato dalle truppe alleate, trasferito a Roma e condotto nel carcere di Regina Coeli. Il processo si apre dieci mesi dopo, nel maggio del 1948, sempre nella capitale. Con lui vengono messi sotto accusa due suoi ufficiali e tre sottoufficiali. Manca il capitano Priebke che, dopo essere fuggito da un campo di prigionieri di guerra a Rimini, ha fatto perdere le sue tracce, probabilmente nascondendosi come molti altri gerarchi nazisti, in Sudamerica.
Kappler, come gli altri imputati, è accusato del massacro delle Fosse Ardeatine di cui il colonnello è considerato l’organizzatore. Sulla sua testa pende anche una seconda accusa, quella di aver estorto cinquanta chili d’oro agli ebrei romani. L’ex colonnello delle SS si difende dal crimine delle Ardeatine con forza e determinazione. Respinge ogni responsabilità diretta, sottolineando come abbia soltanto eseguito degli ordini. Sostiene anche l’illegittimità dell’attentato gappista di via Rasella, al contrario della rappresaglia nazista che ritiene del tutto legale, perfettamente logica. La linea difensiva di Kappler non è certo una novità. Prima di lui a Norimberga altri imputati nazisti hanno cercato di evitare la condanna appellandosi alla cieca obbedienza a ordini superiori.
Ma come per tutti gli altri accusati, anche per Kappler tale giustificazione non convince i giudici. L’ufficiale viene condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e a quindici anni per l’estorsione commessa ai danni della comunità ebraica. Dopo una breve detenzione nel carcere romano di Forte Boccea, Kappler viene trasferito nel penitenziario di Gaeta, all’interno del medievale Castello Angioino dove, quasi un secolo prima, era stato “ospitato” Giuseppe Mazzini.
La Corte di Cassazione respinse poco dopo una richiesta d'appello dello stesso Kappler, il quale, nel 1959, chiese al presidente della Repubblica Italiana di potersi recare in "pellegrinaggio di penitenza al sacrario delle Ardeatine e di rimanervi il tempo necessario per rendere omaggio alle vittime". Tale richiesta venne respinta, come pure le domande di grazia che il detenuto Kappler avanzò nel 1963 e nel 1970.

L'Intervento del governo tedesco
In favore di un provvedimento di clemenza nei riguardi di Kappler intervennero successivamente il presidente della Germania Federale Gustav Heinemann nel 1973 e per ben tre volte il cancelliere Helmut Schmidt: nel 1974 presso il Governo Rumor, nel 1976 con quello Moro e nel 1977 con quello Andreotti, sfruttando anche il "caso" creato attorno agli appelli alla liberazione di Kappler lanciati dall'anziana madre del criminale nazista, Paula, morta infine a 94 anni senza aver potuto rivedere il figlio.
Ma la prigionia di Kappler che intanto riceveva anche di una pensione garantitagli dal governo di Bonn, non è particolarmente pesante. Kappler, infatti, beneficiava delle norme previste dalla Convenzione di Ginevra riguardanti i prigionieri di guerra. Godeva di un alloggio piuttosto ampio, con tanto di piccolo acquario. Può ricevere visite, corrispondenza e pacchi.
Tra le visite c'era anche quella di Anneliese Wenger Walther la figlia di un suo vecchio compagno d'armi ed ex moglie divorziata del capitano della Wehrmacht Karl Walther.
Il 19 aprile 1972 il sessantacinquenne Kappler sposò Anneliese - all'epoca quarantasettenne -, in carcere a Gaeta, e testimone delle nozze fu l'altro criminale di guerra prigioniero della fortezza di Gaeta, l'ex maggiore delle SS Walter Reder, responsabile, tra l'altro, delle stragi di Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema e Vinca.

La malattia,la sospensione della pena poi revocata
Il 1976 vide l'aggravarsi delle condizioni di salute di Kappler, affetto da un tumore al colon che generò metastasi, tanto che i medici che lo esaminarono nel febbraio 1976, constatandone alla soglia dei settant'anni il forte dimagrimento indotto dalla malattia e le cattive condizioni di salute, gli diedero pochi mesi di vita. Peraltro Kappler rifiutava le terapie proposte dai sanitari, facendo invece affidamento sui rimedi omeopatici forniti dalla moglie.
In seguito all'aggravarsi delle condizioni di salute del prigioniero e alle forti e ripetute pressioni esercitate dalle massime autorità tedesche in favore di Kappler, l'allora Ministro della Difesa Arnaldo Forlani dispose il trasferimento del detenuto dal carcere militare di Gaeta al Policlinico militare Celio di Roma, affidato alla sorveglianza dell'Arma dei Carabinieri. Al fine di perfezionare tale provvedimento, il ministero della difesa dispose la sospensione dell'ergastolo, che fece tornare lo status di Kappler da "detenuto" a "prigioniero di guerra" (col quale era stato arrestato sin dagli anni '40), e indispensabile a giustificarne il ricovero presso la struttura di sanità militare.
In considerazione delle sue condizioni di salute, che i medici militari davano per sempre più gravi, nel novembre 1976 la magistratura militare accordò a Kappler la libertà vigilata, consentendogli in tal modo di lasciare l'ospedale del Celio ma non il territorio italiano; tale decisione venne poi annullata il 9 novembre a seguito di forti proteste popolari e politiche.

La misteriosa fuga
Inizia ora l’ultima pagina della vita del colonnello nazista, la più misteriosa.
Il 15 agosto 1977 Kappler non viene trovato nella sua stanza.
Aiutato dalla moglie, Kappler fuggì verso la Germania e si rifugiò presso la casa della moglie a Soltau, dove ricevette visite di amici e ammiratori e rilasciò diverse interviste.
Ciò causò profonda rabbia ed emozione presso l'opinione pubblica italiana, e quella che parve una crisi nei rapporti tra Italia e Germania; il ministro Vito Lattanzio dovette rassegnare le proprie dimissioni, venendo però nominato pochi giorni dopo Ministro della marina mercantile. Il governo italiano chiese invano a quello tedesco occidentale di restituire il fuggiasco. La richiesta di estradizione fu formalizzata al governo tedesco da quello italiano il 18 agosto, ma le autorità tedesche, nell'opporre il loro diniego a quelle italiane, poterono replicare che Kappler, in quanto dichiarato proprio dal governo italiano prigioniero di guerra, aveva esercitato il proprio diritto alla fuga, garantitogli dal suo status di prigioniero di guerra.
Cosa succede nella notte fra il 14 e il 15 agosto nell’ospedale del Celio rimane un mistero. Prima delle dichiarazioni del giugno 2007 al settimanale “Oggi”, la moglie di Kappler aveva fornito delle circostanze diverse, a dir poco picaresche. Aveva affermato di aver chiuso il marito, molto dimagrito a causa della malattia, dentro una valigia che poi aveva calato grazie a una carrucola e a una fune nel giardino sottostante. Dopo di che aveva caricato il pesante bagaglio nel baule di una Fiat 132, lasciando indisturbata la struttura ospedaliera.
Pochi chilometri dopo, abbandonata l’auto, era salita con il marito su un’altra vettura, una Opel Commodore, guidata dal figlio, Ekerard Walther. I tre, del tutto indisturbati, avevano attraversato il confine del Brennero arrivando a destinazione, in Germania. Un racconto decisamente inverosimile, anche se, nella stanza di Kappler, vengono ritrovati pezzi di corda e altre tracce, probabilmente lasciate appositamente da frau Annelise per avvalorare il suo rocambolesco racconto.
Nel 2007, tuttavia, intervistata dal settimanale Oggi la moglie ha narrato una ricostruzione diversa:
«Avvolsi il colonnello in una coperta e lentamente ci avviammo per le scale, scendendo un gradino alla volta, senza fare il minimo rumore. Giunti in macchina, distesi mio marito sul sedile posteriore e lo coprii con la coperta. Era quasi l´una di notte e io sapevo di poter contare su almeno sette ore di vantaggio: fino al controllo mattutino del prigioniero»»
Il 14 settembre 2011 il figliastro di Kappler, Ekehard Walther, ha rilasciato un'intervista al settimanale Oggi con nuove rivelazioni sulla fuga del padre. La fuga infatti non fu organizzata dalla sola moglie, ma coinvolse alcuni amici di Kappler, che progettarono un'operazione ben dettagliata. L'idea era di trasportare per via aerea Kappler da Roma a Monaco, ma l'aereo subì un'avaria sul lago Maggiore, che comportò l'abbandono dell'aereo a Malpensa. Il piano di riserva prevedeva quindi l'uso di diverse automobili. Dopo che la moglie agevolò la fuga di Kappler dall'ospedale, si trasferirono all'Eur dove arrivarono con una Fiat noleggiata. Qui si incontrarono con il figliastro e un suo amico di nome Harald, travestiti da sacerdoti, e altre quattro persone che scortarono il fuggiasco su una Mercedes.

C'entrano i servizi segreti italiani?
La giornalista Stefania Limiti, nel suo libro L'Anello della Repubblica, uscito nel 2008, e lo storico Aldo Giannuli nel suo libro Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, pubblicato nel 2011, hanno inoltre avanzato l'ipotesi che un ruolo importante nella fuga di Kappler sia da attribuirsi ad una struttura occulta dei servizi segreti italiani, detta "Noto servizio" o "Anello". Entrambi gli autori hanno fatto il nome dell'ex maggiore della Regia Aeronautica Militare italiana Adalberto Titta come capo operativo dell'operazione.
Entrambi gli autori ipotizzano inoltre che un movente della "restituzione" di fatto di Kappler alla Germania, all'epoca Germania Ovest, possa essere un cospicuo prestito in denaro all'Italia negoziato fra i due governi alcuni mesi prima della fuga. Infine, il medico triestino Giovanni Maria Pedroni, in un'intervista concessa all'ANSA il 3 maggio 2009, ha dichiarato di aver visitato Kappler poche ore dopo la sua fuga e ha confermato il ruolo della struttura occulta detta "Anello" e del suo responsabile operativo Adalberto Titta nella vicenda. La stessa sera del 15 agosto l'ambasciatore italiano a Bonn fu informato dal Ministero degli Esteri tedesco che la signora Anneliese aveva comunicato alle autorità di trovarsi già in Germania con il marito.
Dopo alcuni mesi vissuti a Luneburgo in Germania, vinto dal male che lo consumava, Kappler morì all'età di 70 anni nel febbraio 1978 e fu sepolto presso il locale cimitero, presente una piccola folla di amici e nostalgici, alcuni dei quali non esitarono a rendere omaggio al feretro con il saluto nazista.

Fonti:Rai 3 - 'La storia siamo noi': Herbert Kappler il prigioniero in fuga
Evasione di Kappler, la moglie rivela "Fuggì a piedi, non dentro una valigia" repubblica.it

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