'O CAFE' per i napoletani:un rituale a cui non si puo' rinunciare.Per i napoletani non è una semplice bevanda da consumare a prima mattina, dopo pranzo o al bar in compagnia. Il caffè a Napoli è un rituale, rappresenta un vero e proprio culto. E rifiutarlo, se offerto, equivale quasi a un’offesa, non solo ma capitare che magari, anche per scherzo, tu dica ad un napoletano: “Ma che sarà mai? In fondo il caffè e l’acqua di Napoli sono uguali a tutti gli altri”. Madornale errore. Non solo offenderai il napoletano che è particolarmente sensibile su riti e tradizioni, ma soprattutto dirai una cosa inesatta poiché l’acqua ed il caffè napoletano hanno davvero un sapore ed un aroma diverso.
Diverso sara' anche usufruire del caffe' dalla macchinetta da ufficio a gettone. Per un napoletano verace quello è tutto tranne che un caffè, per cui evitate di invitarlo a prendere in questa maniera. 'A tazzulella 'e cafe' deve essere presa assolutamente al bar , preceduta necessariamente da un bicchiere d'acqua e bevuto in una tazzina di ceramica, oppure per chi ha gusti un po’ più particolari in un bicchiere di vetro. Ma mai, e dico mai, offrire il caffè ad un napoletano in un bicchierino di plastica.
Degna di nota è anche la tradizione del caffe' sospeso, è stata un'usanza viva nella società napoletana per diversi anni, ma poi ha conosciuto un declino, anche se con enorme piacere e soddisfazione vediamo riesumata negli ultimi tempi.
Ma cos'è? E' solo un gesto di solidarietà.
Il barista che riceve l’ordine incassa l’importo per due (o più) caffè, ne serve uno al cliente e annota il resto come offerta per i bisognosi. Chi non può permettersi un caffè ha così la possibilità di entrare in un bar, chiedere se c’è un “caffè sospeso” e riceverlo gratuitamente.
Quest’usanza ebbe origine a Napoli, città del caffè per eccellenza, e risale agli inizi del XX secolo. In un’epoca di ristrettezze economiche, coloro che potevano permetterselo presero l’abitudine di consumare un caffè pagandone due, lasciando così un caffè “sospeso”, già pagato, per chi non aveva la possibilità di concederselo.
A questa preziosa bevanda due illustri autori e cantanti hanno dedicato due splendide canzoni.
'O CCAFE'
(Pazzaglia, Modugno – 1958)
Qui la sentiamo in una bella interpretazione di Nino Taranto
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Anche Pino Daniele nel 1977 in compagnia di Claudio Mattone scrisse e porto' al successo
NA TAZZULELLA 'E CAFEVideo
LA POSTEGGIAI posteggiatori sono figure inscindibili dalla storia e dalla cultura di Napoli: per sette secoli menestrelli, musici e cantori hanno vissuto tra il Vesuvio e il mare, spesso viaggiando in paesi lontani per poi tornare ricchi di bei ricordi ma sempre poveri di risorse economiche. Le origini e lo sviluppo della canzone napoletana sono legati a filo doppio con l'arte "di strada" dei posteggiatori, umili e sconosciuti propagatori di poesie e melodie non di rado destinate all'immortalità.La loro arte ha punteggiato i secoli d'oro della canzone di Napoli .Certo i posteggiatori napoletani furono gli strenui rappresentanti di una tradizione che ha un posto incancellabile nella storia delle espressioni poetiche e musicali della cultura popolare dell'Europa mediterranea.Questi cantori girovaghi si organizzarono spontaneamente tra il Vesuvio e Posillipo già intorno al settecento dando vita alla mobilissima quanto poverissima arte della Posteggia.
Dalle taverne del seicento alle osterie e poi le trattorie ed ai ristoranti ed ai salotti privati per proporre i pezzi classici del repertorio di canzoni napoletane, comprese le divertenti “canzoni di macchietta”.
A muovere questi suonatori erano certamente la passione unita alla necessità, in quanto si trattava di un mestiere poverissimo ed a volte anche con risvolti amari.
Molti dei più illustri compositori ed artisti napoletani facevano i posteggiatori: basti pensare a Giovanni Capurro, autore nel 1883 di
“O sole mio”. che qui ascoltiamo da Enrico Caruso:
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I Posteggiatori quindi, pur esercitando questo “mestiere” per pochi spiccioli, rappresentano strenuamente una tradizione popolare che ha un suo posto incancellabile nella storia della musica e della poesia dell’Europa Mediterranea.
A Napoli e nel golfo, entrando in qualche vecchia trattoria, vi può capitare ancora oggi di imbattervi in un posteggiatore che, avvicinandosi al vostro tavolo, dedicherà qualche dolce melodia napoletana alla vostra signora e vi intratterrà per un po’ di tempo… chiamatelo maestro: lo avrete fatto felice!
A questo “pubblico esercizio” è stato dato il nome di Posteggia al quale, i suonatori di tradizione, sono stati sempre avversi: avrebbero senz’altro preferito essere indicati con –i professori-, come fece generosamente Giovanni Gaeta (E.A.Mario) nella sua famosissima canzone
“Dduje paravise”.che qui ascoltiamo da Roberto Murolo:
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Un singolare rappresentante della categoria fu Eugenio PRAGLIOLA (1907–1989) detto “cucciariello” od anche “Eugenio cu ‘e llente”. Intratteneva il pubblico sugli autobus della provincia, e con fisarmonica e megafono.
Il suo intervento iniziava con questa “entrata” :
Signurì buongiorno eccellenze
Con insistenza, all’ apparire della mia presenza
Addò nisciuno me penza,
faccio appello alla vostra indulgenza
E dimostratemi ‘nu poco ‘e benevolenza.
Eseguiva qualche canzone allegra e concludeva la sua esibizione con una esilarante e provocatoria richiesta di pagamento:
Signure e signurine, ledi e milòrd,
aggiate pacienza cacciate ‘nu sòrd,
pe chi nun tene na lira ‘e spicce:
ci’hanna ascì ‘e bbolle ‘ncopp’’o sasiccio!
I Vicoli di Napoli Se vuoi vivere la vera esperienza di Napoli, non puoi non recarti nei piccoli vicoli della città partenopea, perché è là che si trova la vera anima di questa città con i suoi suoni e le mille sfaccettature dell’anima genuina di questa grande metropoli.
Qui avrai anche la possibilità di fermarti a pranzo in una di quelle trattorie che magari non avranno nomi stellati ma che hanno dalla loro le ricette tradizionali fatte a regola d’arte.
Il primo tra ivicoli di Napoli da tenere in grande attenzione è il Vico Scassacocchi.
Questo vicolo si trov nel centro storico di Napoli (tra Via dei Tribunali e Spaccanapoli)ed ha una storia molto importante nella Napoli antica, perché qui venivano rottamate le carrozze che poi venivano vendute a pezzi. Altri invece credono che il nome derivi dall’impossibilità di far passare le carrozze a causa della strada troppo piccola.
A questa località cosi' particolare fu dedicata la canzone
Giulietta e Romeo (Versi di Umberto Martucci - Musica di Salvatore Mazzocco) che qui ascoltiamo da Vittorio Marsiglia:
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Questo vico fu anche immortalato in un'altra canzone di Nino Oliviero testo Stefano Canzio – 1956:
GIUVANNE CU 'A CHITARRAportata al successo da Renato Carosone
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continua