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| Su questa famigerata o famosa flat tax tanto agognata da Salvini e Berlusconi, vorrei dire la mia o almeno cerco di spiegare, non essendo un economista, quanto ho capito. Cominciamo con la definizione e qui credo non ci siano dubbi: è la cosiddetta tassa piatta, cioè una quota fissa per tutti a prescindere dall’ammontare dei redditi mentre a oggi i redditi più ricchi pagano tasse più alte non solo in termini assoluti ma anche percentuali. La flat tax prevede, invece, che percentualmente tutti i redditi paghino la stessa quota di tasse. In altre parole tutti i cittadini saranno tassati senza una vera e propria distinzione di reddito, mentre nell'attuale sistema fiscale esiste l’aliquota progressiva – ovvero quella che cresce all’aumentare del patrimonio . A quanto pare, nel centro destra che ne sta facendo un suo cavallo di battaglia, i pareri sono un tantinello discordanti. Matteuccio Salvini ha proposto di tassare del 15% i redditi, indipendentemente dal loro ammontare. Per Silvio Berlusconi invece la flat tax del 23% andrebbe estesa anche alle aziende, mentre per Giorgia Meloni dovrebbe essere incrementale (ovvero l’aliquota rimane fissa solo sulla parte di reddito che aumenta tra un anno e l’altro). Secondo questi politici si ridurrebbero le tasse da pagare e diminuirebbe l’evasione fiscale. Sarà vero? Io sono del parere che vigerebbe sempre la famosa norma non scritta " “fatta la legge trovato l'inganno”, nel senso che chi è abituato ad evadere, furbescamente, troverebbe il modo di evadere lo stesso e froderebbero l'erario in egual misura quindi è " parva materia". Ma il mio parere conta meno del due picche o il due di briscola percio' diamo uno sguardo ai dubbi che assillano agli economisti non favorevoli. Secondo i dati riportati dall’Osservatorio CPI, la flat tax verrebbe a costare circa 80 miliardi l’anno (a seconda dell’aliquota) che andrebbero inevitabilmente tolti ad altri settori, senza nessuna garanzia di fatto sul ritorno economico grazie alla diminuzione delle frodi. Salvini, Meloni e Berlusconi da dove hanno intenzione di prendere i soldi? Altri economisti e tra loro anche alcuni leaders di altri partiti invece, sono del parere che il 50 per cento dei soldi in meno incassati dall’erario sarebbero quattrini che restano nelle tasche del 10 per cento più ricco della popolazione. Una bonanza da 30 miliardi di euro l’anno - secondo i calcoli attribuiti al ministero del Tesoro - per chi ha meno problemi economici, mentre il restante 90 per cento si spartirebbe gli altri 30. L’ufficio studi della Uil ha sintetizzato i calcoli di molti economisti: per i lavoratori a basso reddito sarebbe una stangata. Per i redditi fino a 27 mila euro si andrebbe a pagare di più rispetto al sistema attuale (che prevede 4 aliquote dal 23 al 43%). Un cittadino con un reddito di 11 mila euro lordi l’anno dovrebbe pagarne 1.819 di tasse in più, il 200%. Chi percepisce 17.600 euro il 72%, chi incassa 23 mila euro il 29%. I guadagni cominciano intorno ai 30 mila con un -22% e diventano clamorosi man mano che il reddito aumenta: per chi ha più di 50 mila euro le tasse diminuiscono del 43%. Più ricchi si è, più è un affare Non sono un economista, ripeto, ma chiedo pero' che fine farebbe l'art.53 della Costituzione secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"?
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